Vena del Gesso romagnola
Continua il cammino per l'inserimento nel Patrimonio mondiale Unesco.
La Vena del Gesso romagnola, i Gessi bolognesi e le Evaporiti triassiche del reggiano sono i tre nuclei della candidatura che la Regione Emilia-Romagna, assieme alla Federazione Speleologica e ai tre Parchi naturali, ha presentato alla commissione UNESCO Italia per il riconoscimento come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
La candidatura, già accettata da UNESCO Italia e inserita nella lista nazionale, in attesa di essere candidata a livello mondiale, è stata al centro dell’incontro tenutosi giovedi 9 gennaio presso il Municipio di Riolo Terme tra le associazioni convenzionate con il Parco della Vena del Gesso Romagnola e i sindaci della Comunità del parco.
Sul sito www.venadelgesso.it è possibile consultare tutta la documentazione relativa alla candidatura dei fenomeni carsici nelle evaporiti regionali a Patrimonio dell'Umanità UNESCO.
I Gessi dell’Emilia-Romagna hanno aspetti unici al mondo e di valore eccezionale, nonché ben conservati e tutelati, legati ai fenomeni carsici, cioè al complesso di doline, inghiottitoi, grotte e corsi d’acqua sotterranei che caratterizzano questi territori. Sono i più studiati al mondo e qui si è fatta la storia della conoscenza del carsismo nella roccia gessosa a livello mondiale, sin dal XVII secolo, con Ulisse Aldrovandi dell’Università di Bologna. Vi sono aspetti di grande importanza scientifica e anche di estremo interesse paesaggistico e culturale.
Molti i gioielli geologici che potranno essere individuati per la candidatura. Nella Vena del Gesso vi sono molti elementi di straordinario valore, che potranno essere inseriti nell’area riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità: il museo geologico del Monticino, la Tanaccia, le doline del Carnè e la risorgente del rio Cavinale, il selvaggio e straordinario massiccio di Monte Mauro e Monte della Volpe, il sistema rio Stella-rio Basino, la grotta del Re Tiberio, la spettacolare Riva di San Biagio e i sistemi carsici del Gambellaro e dello Sgarba.
Questo importante riconoscimento aumenterà ulteriormente il richiamo turistico di questa rara e preziosa parte dell’Appennino faentino e imolese.